Il Manifesto del Futurismo: commenti sintetici (di Andrea Pitto)

Siamo lieti di ospitare questo contributo di Andrea Pitto, autore di diversi lavori quali “Pandemia e psicopolitica. Ipercapitalismo, medicina, filosofia“, “Fenomenologia del tardocapitalismo. Homo custoditus, sorveglianza, cospirazione, guerra” e “Wilhelm Reich libertario?“.


Il manifesto famigerato

L’Avanguardia artistica denominata Futurismo rappresenta la punta avanzata di un’ideologia che promuovendo lo spirito dell’industrialismo – ossia del capitalismo – giunge a cooptare la guerra come igiene dei popoli, considerazione tipica di quelle personalità psicopatiche che, appunto, cercano di coniugare le proprie aberrazioni mentali con i fenomeni più degeneri del capitalismo stesso.
Di seguito riporto il testo del Manifesto del Futurismo, pubblicato sulla Gazzetta
dell’Emilia
 di Bologna, il 5 febbraio 1909 e su Le Figaro, il 20 febbraio 1909 (Manifeste du
Futurisme
):

  1. Noi vogliamo cantare l’amor del pericolo, l’abitudine all’energia e alla temerità.
  2. Il coraggio, l’audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia.
  3. La letteratura esaltò fino ad oggi l’immobilità pensosa, l’estasi e il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo e il pugno.
  4. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova; la bellezza della velocità. Un automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivo… un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia.
  5. Noi vogliamo inneggiare all’uomo che tiene il volante, la cui asta ideale attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita.        
  6. Bisogna che il poeta si prodighi con ardore, sfarzo e munificenza, per aumentare l’entusiastico fervore degli elementi primordiali.
  7. Non v’è più bellezza se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all’uomo.
  8. Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!… Perché dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell’impossibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo già nell’assoluto, poiché abbiamo già creata l’eterna velocità onnipresente.
  9. Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo – il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.
  10. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica e utilitaria. 
  11. Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa: canteremo le maree multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri, incendiati da violente lune elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano; le officine appese alle nuvole per i contorti fili dei loro fumi; i ponti simili a ginnasti giganti che scavalcano i fiumi, balenanti al sole con un luccichio di coltelli; i piroscafi avventurosi che fiutano l’orizzonte, e le locomotive dall’ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d’acciaio imbrigliati di tubi, e il volo scivolante degli aeroplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta. 

È dall’Italia che noi lanciamo per il mondo questo nostro manifesto di violenza travolgente e incendiaria col quale fondiamo oggi il FUTURISMO perché vogliamo liberare questo paese dalla sua fetida cancrena di professori, d’archeologi, di ciceroni e d’antiquari. Già per troppo tempo l’Italia è stata un mercato di rigattieri. Noi vogliamo liberarla dagli innumerevoli musei che la coprono tutta di cimiteri.

Filippo Tommaso Marinetti[1]


Critiche necessarie e diffusione del Futurismo


Prima considerazione: atterriti e massacrati come gli altri durante le azioni militari, i futuristi che avevano avuto il coraggio e l’irresponsabilità di arruolarsi spontaneamente o a seguito della coscrizione delle autorità militari furono traumatizzati a tal punto che rinnegarono il giovanilistico e pressappochista motto “guerra igiene del mondo”, declamato spavaldamente durante le  goliardiche manifestazioni ante guerra.


Seconda riflessione: il cosiddetto ribellismo dei futuristi non era certo un’espressione rivoluzionaria contro il dominio delle classi dirigenti. Era soltanto il desiderio di agitare le acque in attesa di un po’ di potere per loro stessi: celebrità, vendita di quadri o di libri, conferenze incendiarie e istrioniche. Si tratta dei soliti effetti, anzi delle consuete finalità proprie di personalità narcisiste e autoreferenziali, in questo caso inficiate di giovanilismo imbecille.


Terzo punto: il riferimento pantoclastico verso musei e biblioteche si confuta da sé poiché il Futurismo fu senza dubbio una corrente artistico letteraria le cui opere  ancora oggi si trovano proprio nelle biblioteche e nei musei, così tanto vituperati (in verità ipocritamente).

Dall’Iperuranio in cui si trovano quei megalomani  privi del minimo senso critico e di alcuna visione del futuro, in ogni caso grideranno alleluia poiché le loro opere rimarranno a imperituro ricordo perlomeno nella storia dell’arte, di certo anche nella altrettanto importante storia della stupidità umana.

Il quarto punto riguarda la questione del femminismo o della donna. Chissà quanti di loro se la facevano sotto di fronte a una ‘femmina’, laddove non potessero pagarla per le sue prestazioni mercenarie.
 

Nel 1912 la scrittrice e danzatrice francese Valentine de Saint-Point rispose a Marinetti scrivendo un Manifesto della donna futurista in cui tra l’altro era scritto: 

L’Umanità è mediocre. La maggioranza delle donne non è né superiore né inferiore alla maggioranza degli uomini. Sono uguali. Meritano entrambe lo stesso disprezzo […] per istinto, la donna  non è saggia, non è buona, non è pacifista.  

Poi, in ottemperanza alla mania interventista di Marinetti, credette opportuno fargli un cenno di riverenza scrivendo: 

Siamo all’inizio di una primavera: quel che manca è una profusione di sole,
cioè un copioso spargimento di sangue. 

Il morbo guerrafondaio, evidentemente,  non risparmia neppure le donne, a quanto sembra, poiché 

Ogni donna deve possedere non solo virtù femminili, ma qualità virili, senza le quali non è una femmina.

D’altra parte, prosegue la scrittrice francese:

L’uomo che possiede solo la forza maschia, senza l’intuizione, è un bruto. 

Il Manifesto, in un tripudio di efferatezza parolaia esorta la donna a riacquistare la sua crudeltà e la sua violenza che fanno ch’ella si accanisca sui vinti, perché sono vinti, fino a mutilarli. Cessate di predicarle la giustizia spirituale che invano s’è sforzata d’acquistare.

Dopo aver perorato che le donne ridiventino sublimemente ingiuste, termina inneggiando alla forza della lussuria, scrivendo, nel 1913, un Manifesto futurista della Lussuria. Erano idee che, com’è facile intuire, produssero molto scandalo nella società del tempo.

Il manifesto futurista versione femminile (o femminista), sotto molti punti di osservazione, è ancor più indegno di quello marinettiano, ciò significa che l’alveo caratteriale e ideologico da cui essi scaturivano era il medesimo. Infatti, lo stesso Marinetti invitò Valentine de Saint-Point a rappresentare il movimento futurista in una sua sezione, denominata “azione femminile”, creata per l’occasione. (Cfr.:https://www.memofonte.it/files/Progetti/Futurismo/Manifesti/I/23.pdf).

Quinto punto: quel “noi” è un “io” megalomanico, tipico degli esaltati che non conoscono i propri limiti e per giunta, in questo caso,  sono ipocriti, dato che mascherano l’io col noi.

Insomma, il Manifesto del Futurismo è la manifestazione giovanilistico-artistica di un gruppo di scapestrati che, autoproclamatosi avanguardia, rappresentava in modo trito e ritrito il conservatorismo guerrafondaio e capitalistico (nonché gerarchico).

Il movimento futurista faceva propri i temi della tecnologia, della velocità, del macchinismo. Si può dire che riflettesse il progresso liberal-liberista, oramai divenuto iperliberista, supercapitalista.

Un Futurismo ammaliò anche molti movimenti della sinistra i quali pensavano che
il progresso fosse ineluttabilmente favorevole alle classi meno abbienti. Invece esso fu anche, forse specialmente,  causa di iniquità distributive, mettendo  in pericolo l’intero pianeta poiché le ragioni dell’ecologia non sono al momento unificabili a quelle del profitto a tutti i costi. E’ l’annoso tema della tecnica che sfugge alle mani dell’uomo, inteso come specie, ma non del capitalista. O meglio, se anche sfugge alle ingerenze di quest’ultimo, autonomizzandosi, gli permette di arricchirsi come non è accaduto mai nella storia.

Il Futurismo di Marinetti e compagnia è stato un coacervo di giovani personalità dedite a diversi campi delle arti, pittura, letteratura, poesia, la cui deriva è stata la guerra e il fascismo.

Alcuni di essi erano esteriormente libertari – un libertarismo individualista e non sociale, cioè ‘ribellismo’ –  altri  incensavano Gabriele D’annunzio, il poeta militare infatuato di se stesso e corroso dalla dipendenza edonistica. Ma tutti erano esaltati da uno spirito narcisista influenzato dall’ideologia fascista, almeno nel suo versante combattentistico, guerrafondaio e, come abbiamo detto, superomistico.

Tale approccio agli ideali fascisti è diverso da quello che poi diventerà classico, basato sul culto della tradizione, l’antimodernismo, lo spirito aristocratico, l’anti illuminismo e l’opposizione alla Tecnica tout court, atteggiamento tipico, per esempio, di Julius Evola (anch’egli pittore) o Renè Guenon, personaggi esecrabili per altri importanti motivi che al momento non è il caso di enumerare.

Il Manifesto del Futurismo venne pubblicato pure a San Pietroburgo nel marzo 1909 e fu oggetto di grande interesse per i pittori Natal’ja Sergeevna Gončarova e Michail Fëdorovič Larionov, questi definito padre del Futurismo russo, diffuse in Russia i principi del movimento iniziato da Marinetti. Successivamente, il musicista Michail Matjušin e lo scrittore  Aleksej Eliseevič Kručënych compilarono il manifesto del Primo congresso Futurista russo. Aderì ai principi del futurismo russo, chiamato Cubofuturismo o Raggismo, il poeta Vladimir Vladimirovič Majakovskij.

È emerso anche un futurismo di sinistra, anarchico che, in ogni caso,  ha avuto poco seguito. Tra questi è da ricordare Carlo Carrà che nel 1910-11 (prima del Manifesto) dipinse il quadro I funerali dell’anarchico Galli, ma poi fu indefesso interventista e pagherà caro questo suo atteggiamento dato che in guerra fece esperienze talmente dolorose in ragione delle quali fu ricoverato in un reparto per disturbi mentali a Ferrara.

Carrà ebbe una relazione con la scrittrice e attivista libertaria Leda Raffanelli che fu tra i pochi anarchici a firmare nel 1916 il Manifesto dei Sedici[2], sottoscritto anche dal naturalista anarchico Petr Kropotkin , in cui si prendeva posizione a favore della guerra conto la Germania, nonostante i movimenti anarchici fossero da sempre contro ogni intervento bellico in quanto espressione degli interessi degli stati e delle classi dominanti.

Persino Lenin aveva espresso parole di stima verso quella donna, coacervo di molteplici tendenze intellettuali e orientamenti spirituali. Nell’ultimo periodo della sua vita [3], passò dall’individualismo anarchico di Max Stirner al Sufismo e allo studio dell’Islam, dottrine che, comunque, facevano parte del suo retaggio giovanile. Fu corteggiata a lungo da Mussolini e della relazione (mai resa concreta, anzi negata da Mussolini il quale non poteva accettare che una donna potesse rifiutarlo, poveretto!) rimangono quaranta lettere scritte da quest’ultimo tra il 1913 e il 1914, un periodo in cui il futuro dittatore era ancora un socialista fervente e anti interventista pronto ad abbandonare le sue idee di un tempo per trasformarle in qualcosa di spregevole.

Il movimento letterario definito Neoavanguardia, di cui faceva parte anche Umberto Eco, si ispirava a una sorta di marxismo-futurista.

Erich Fromm ritiene che nel Manifesto del Futurismo emergano molti elementi

necrofili: culto della velocità e della poesia come strumento di attacco; glorificazione della guerra; distruzione della cultura; odio per le donne; locomotive e aeroplani visti come forze vitali (l’uomo visto come meccanismo, alienato, produttore di merci e di profitto per i padroni).

Nel 1916 fu redatto un secondo Manifesto futurista che glorificava la velocità fino a considerarla un culto: Velocità=sintesi di tutti i coraggi in azione. Aggressiva e guerresca.  La lentezza è naturalmente immonda, la velocità dà ebbrezza, senso di potenza (Cfr.: E. Fromm, 1973, Anatomia della distruttività umana,  Arnoldo Mondadori Editore, Cles-Trento, 1975).

Nel periodo in cui furono scritti i Manifesti del Futurismo, l’automobile era uno strumento di cui potevano disporre solamente le classi abbienti, così come gli aerei. Anche il treno non era un mezzo molto usato dai contadini che rappresentavano ancora la maggioranza degli italiani. Insomma, Marinetti parlava alle classi abbienti e perorava la guerra come evento in grado di aumentarne il dominio. Il mesto cantore dell’industrialismo bellico non era per nulla un rivoluzionario, come talvolta è stato dipinto, semmai un ribelle che si sforzava di scimmiottare i supermen nietzschiani, a suo avviso unici referenti di un mondo veloce, antitradizionale – a differenza dei tradizionalisti come Evola e Guenon – e fautori della tecnica. Fu un fascista caratteriale e d’azione, come questi ultimi. Si tratta di una medesima specie differenziata da diversità occasionali, non di sostanza. In definitiva, Marinetti e il Futurismo sono stati un prodotto del capitalismo che influenza ogni ambito sociale e ovviamente anche quello dell’arte.

In ogni caso e complessivamente, i Futuristi si collocano politicamente nell’area fascista che attira una folta schiera di artisti, definiti  anche “proletariato intellettuale” – boheme  – che in precedenza tanta parte aveva avuto nell’orientare l’arte verso l’oltrepassamento dei canoni classici della pittura (e dei codici letterari, poetici). Si pensi alla Montmartre parigina di qualche decennio prima, dove artisti come Monet, Manet, Modigliani, Van Gogh, Gauguin, Sisley, Pissarro e molti altri contribuirono a dar forma all’Impressionismo e poi all’Espressionismo, cooptando influenze provenienti dall’area tedesca.

La verve individualista e autoreferenziale degli artisti è cosa nota, tuttavia questi “proletari geniali” sostenevano idee apparentemente inedite: desideravano una nazione senza monarchia, papato e senato, ossia una repubblica, ma che facesse emergere il “proletariato del genio italiano”.
 

Mascherata da proclami ambigui, si trattava di un’ordinaria visione gerarchica e aristocratica della società e dell’individuo: i migliori alle vette del dominio, i mediocri – ossia tutti gli altri – sottomessi e attestati alla base della piramide sociale. Da questo punto di osservazione Fascisti e Futuristi non si differenziano per nulla. L’arroganza che permea le loro personalità ha soltanto diversi modi d’espressione e differenti campi di manifestazione.

Per ottenere un simile status occorre appoggiarsi sempre a qualche capitalista che “paghi” (sovvenzioni, sponsorizzi) queste velleità narciso istrioniche. I Futuristi, in fin dei conti, erano generalmente rampolli di famiglie agiate che avevano consolidato il loro potere all’interno della società di classe[4].

Mussolini aveva ottenuto finanziamenti dal mondo degli affari milanese – contemporaneamente dagli agrari – per contrastare il Socialismo che lottava a favore dell’uguaglianza sociale e l’abbattimento delle gerarchie economico finanziarie, in parte rifacendosi all’esperienza recente della Rivoluzione d’Ottobre.  

All’assemblea di piazza San Sepolcro a Milano il 23 marzo 1919, Mussolini fonda i Fasci italiani di combattimento, eredi diretti del Fascio d’azione rivoluzionaria del 1915. Durante la giornata Marinetti prende la parola dicendo: ” il Futurismo politico si opporrà accanitamente ad ogni volontà di livellamento” [5], dichiarando l’avversione al Partito socialista che, a suo dire, aizzava le folle operaie contro le altre componenti della nazione. Portando a compimento quelle asserzioni, Marinetti partecipò all’incendio dell’Avanti il 15 aprile 1919.

Lo squadrismo, ossia i fascisti della prima ora, i più radicali e meno avvezzi a compromessi con la cosiddetta plutocrazia (magari giudaico massonica) o con le componenti più moderate del primo fascismo stesso, cominciava a dar segni di sé e per qualche tempo mise a ferro e fuoco l’Italia operaia, socialista e anarchica.

Ma gli squadristi non sapevano che di lì a poco Mussolini, fondando il Partito nazionale fascista (9 novembre 1921), e assumendo il potere non avrebbe più avuto alcun bisogno di loro. Alcuni squadristi furono comunque inseriti nelle fila della Milizia Volontaria per la Sicurezza nazionale. 

Ci sarà una tardiva riesumazione dello squadrismo nella Repubblica di Salò – le Camicie nere –  preludio della sconfitta disonorevole del fascismo, come teoria politica e come prassi governativa. 

In conclusione, Marinetti fece parte dello squadrismo e la sua esaltazione artistico intellettuale è parte integrante della struttura caratteriale fascista.

Sfortunatamente alcune opere futuriste sono piuttosto godibili.[6]


Epidemia guerrafondaia

Il morbo guerrafondaio sembra sia diffuso anche ai nostri giorni. La guerra in Ucraina è per molti l’occasione di manifestare uno spirito bellico che da tempo era in latenza.

L’imbecillità di qualcuno nell’individuare i nemici per diventare nemici di quei nemici è
davvero assurda. In ultima sintesi, è dissennato ricorrere agli interventi bellici per sanare le controversie tra stati sovrani. Comunque – a essere realistici e un po’ cinici – ognuno ha i suoi nemici e i suoi amici e non deve (non dovrebbe, il solito ‘dover essere’) coinvolgere mezzo mondo.

Nondimeno, ci sono di mezzo i trattati che divengono essi stessi causa di guerra.

I trattati, o meglio le associazioni-conventicole di ‘pace’, di ‘solidarietà’ o di ‘mutuo soccorso’ come la Nato, esprimono ciò che Carl Schmitt mostrava sinteticamente con la detestabile dicotomia amici/nemici [7]. Il giurista tedesco, a ragion veduta, è stato un foraggiatore di controversie alle quali ha fornito una teoria, di conseguenza egli stesso è da considerarsi un guerrafondaio, ancorchè filonazista. Per questi suoi demeriti dovrebbe essere lasciato alla sola critica roditrice dei topi.
Ora è il momento di essere chiari ed esprimere la critica mordace contro i guerrafondai senza considerare chi è più ‘cattivo’ o ha maggiori ragioni da avanzare dell’altro.

La nuda vita (che è sempre l’insieme mente corpo) ora è in pericolo e nella misura in cui fosse oggetto di carbonizzazione scomparirebbero anche le idee, le riflessioni filosofiche, ogni discorso. Tutto diventerebbe sofferenza e distruzione: non è retorica, ma una possibilità concreta.

I guerrafondai di qualsiasi risma, se non altro, devono essere disprezzati in attesa (o
contemporaneamente) di mettere in atto interventi orientati a tutelare maggiormente le sorti delle genti.

Lo sappiamo tutti: è difficile porsi in quest’ottica.

Per ora, comunque, si può ancora parlare, esprimere critiche, organizzare manifestazioni.

Dichiarata una guerra, l’accusa di disfattismo (ossia esprimere un pensiero critico) verrebbe perseguita severamente dalle leggi di guerra e il lavoro da farsi diverrebbe ancor più arduo.


[1] Cfr.: Filippo Tommaso Marinetti, I Manifesti del futurismo, lanciati da Marinetti [et al.], Firenze, Lacerba, 1914.
[2] I firmatari furono in realtà quindici, vi fu un errore poiché venne conteggiato anche il nome della località in cui nacque uno dei firmatari.
[3] A corto di denaro fece addirittura  la chiromante, attività descritta in Le memorie di una chiromante. Per la relazione con Mussolini si veda: Una donna e Mussolini (1946).
[4] Escludendo in parte Umberto Boccioni, la cui famiglia non era particolarmente benestante.
[5] Cfr.: A. Lyttelton (1973), La conquista del potere, p. 79,  Laterza, Bari-Roma, 1974.
[6] Cfr. A. Pitto (2022), Fenomenologia del tardo capitalismo. Homo custoditus, sorveglianza, cospirazione, guerra, Transeuropa, Massa.
Per il Manifesto delle donne futuriste:
 https://www.memofonte.it/files/Progetti/Futurismo/Manifesti/I/23.pdf
[7]. Il pensiero giuridico e politologico di Carl Schmitt è stato oggetto di attenzione persino da studiosi perlopiù di sinistra come  Walter Benjamin, Leo Strauss, Jacques Derrida, Chantal Mouffe,  Slavoj Žižek , Carlo Galli, Mario Tronti, Massimo Cacciari, Giacomo Marramao e Giorgio Agamben.


Note biobibliografiche

Andrea Pitto, laurea in Filosofia con indirizzo epistemologico e cognitivo e in Medicina e Chirurgia. Vive a Genova dove lavora, studia e scrive. Si occupa della correlazione tra personalità, malattie, strutture sociali e politica.

Oltre ad articoli vari nel suo blog (andreapitto.wordpress.com), ha pubblicato il romanzo  giovanile ‘Era buio e pioveva’, Robin, 2011; ‘Jung e Reich. Freud e i suoi discepoli. Eresia. Misticismo. Energia. Nazismo’, Mimesis, 2014; ‘Wilhelm Reich e il freudo-marxismo. Psicoanalisi e politica’, Unicopli, 2017; ‘Pandemia e psicopolitica. Ipercapitalismo, medicina, filosofia’, Guida Editori, 2020; ‘Il mondo come ribellione e reazione. Homo pandemicus e teorie della cospirazione nel tardocapitalismo’, Transeuropa, 2022; ‘Fenomenologia del tardocapitalismo. Homo custoditus, sorveglianza, cospirazione, guerra’, Transeuropa, 2022; ‘Wilhelm Reich libertario?’, Transeuropa, 2023,  ‘Jung l’eretico’, Transeuropa (in uscita a Marzo 2023). 

Pubblicità

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...