Abbiamo tradotto questo articolo del sociologo americano David Nibert, inizialmente apparso su Common Dreams con il titolo “Now Is the Time to End the Oppression of Nonhuman Animals“, per poi essere ripubblicato da Free From Harm come “Exploiting Animals Is Killing Us and the Planet“. In esso, Nibert affronta storicamente la questione del legame tra la diffusione di virus zoonotici e lo sfruttamento animale. David Nibert è autore di testi come “Animal Oppression and Human Violence” e “Consumare il surplus: estendere il consumo di “carne” e l’oppressione animale“, pubblicato in italiano su questo blog.
Nella cacofonia dei report e dei commenti riguardanti il disastro e i conflitti generati dal COVID-19, la discussione a proposito del trattamento che l’essere umano riserva agli animali non umani e del suo legame con la pandemia rimane per lo più inesistente. In realtà, l’attuale catastrofe è soltanto l’ultima di una lunga serie di tragedie derivanti dallo sfruttamento degli altri animali.
Quando l’essere umano iniziò a catturare e ad allevare gli altri animali circa 10.000 anni fa in Eurasia, il loro confinamento e ammassamento portò allo sviluppo di malattie mortali che lo infettarono. Dal vaiolo alla tubercolosi al morbillo, queste malattie zoonotiche causate dal maltrattamento degli animali hanno rappresentato una calamità per millenni. Per di più, guerra e violenza su larga scala furono promosse e rese possibili dallo sfruttamento degli animali non umani. I cavalli arrivarono ad essere utilizzati come strumenti da guerra, mentre mucche, maiali, pecore e altri ancora furono sfruttati come scorte alimentari, permettendo la comparsa di società nomadi e militaristiche che si lanciarono in costanti invasioni alla ricerca di acqua e pascoli freschi. Di conseguenza, innumerevoli persone che non perirono a causa di queste malattie zoonotiche, morirono di morti violente per mano di società guidate da personaggi come Attila l’Unno e Genghis Khan.
Nel quindicesimo secolo, questo sistema mortale pervaso di sfruttamento animale si diffuse nel resto del mondo attraverso i processi di colonizzazione europea. Anche con migliaia di anni di esperienza bellica trascorsi sul dorso dei cavalli, gli europei non avrebbero mai potuto schiacciare la resistenza dei popoli indigeni se non fosse stato per i virus mortali che portarono con sé, malattie zoonotiche che causarono traumi incredibili mentre decimavano popolazioni indigene nelle Americhe e in gran parte del mondo. In seguito, buona parte delle terre rubate dai colonizzatori europei venne utilizzata per espandere la redditizia pratica dell’allevamento, un’impresa che portò all’ininterrotta e violenta espropriazione di terre in giro per il mondo al fine di incrementare il numero di mucche, pecore e altri animali non umani.
Il numero di animali non umani sfruttati come cibo sulle terre espropriate crebbe e, all’inizio del ventesimo secolo, il virus fu alla base della catastrofica pandemia influenzale del 1918, presumibilmente originatasi tra maiali confinati, che fece 50 milioni di morti in tutto il mondo prima di risolversi come influenza stagionale. Lo sfruttamento di polli, anatre, oche e altri uccelli al fine di ricavare cibo contribuì, probabilmente, al virus H2N2 del 1957, il quale causò milioni di morti, e al virus influenzale H3N2 del 1968, che anche fece circa un milione di vittime. Nel 2002, il coronavirus SARS (Severe Acute Respiratory Syndrome), anche questo legato al consumo di animali non umani come cibo, ne uccise a centinaia, mentre nel 2009, il virus influenzale H1N1, che si pensa si sia originato negli allevamenti intensivi di maiali del North Carolina, causò fino a cinquecentomila morti in tutto il mondo. Nel 2012, lo sfruttamento degli altri animali ha portato allo sviluppo del coronavirus MERS (Middle East Respiratory Syndrome), anch’esso causa di centinaia di decessi, e l’attuale pandemia da coronavirus COVID-19, connessa, come le precedenti, all’utilizzo di animali non umani come cibo, sta gettando nel caos l’intero globo. Con decine di miliardi di animali non umani cacciati o allevati nell’attuale sistema produttivo alimentare mondiale, il verificarsi di future pandemie è praticamente certo.
Come se ciò non fosse già abbastanza per mettere seriamente in discussione l’utilizzo degli altri animali come cibo, questa pratica è il motore principale dell’imminente collasso ecologico. Alcuni scienziati sostengono che essa è la causa principale dell’emergenza climatica, nonché dell’inquinamento delle acque, della distruzione degli oceani, dell’impoverimento del suolo e dello spreco delle rimanenti scorte terrestri d’acqua dolce. Innumerevoli popolazioni indigene di tutto il mondo vengono emarginate mentre gran parte delle terre sottrattegli continua ad essere usata per l’allevamento o per la produzione di mangimi. Sebbene un miliardo di persone non abbia, attualmente, abbastanza cibo, e migliaia di bambini muoiano quotidianamente per malattie connesse alla malnutrizione, il 70% dei terreni agricoli di tutto il mondo è dedicato alla produzione di prodotti animali, sproporzionatamente per i più abbienti. Con l’avanzare della crisi climatica, future carenze di cibo saranno inevitabili e i paesi più potenti del mondo si stanno preparando alla corsa per aggiudicarsi ciò che resta.
Lo sfruttamento degli animali non umani nei passati dieci mila anni è stato disastroso per la società umana. In questo tragico momento della storia, le circostanze stanno rivendicando politiche e leggi in grado di promuovere velocemente il passaggio a un sistema alimentare globale fondato sui prodotti vegetali.